L’ECONOMIA NON PUÒ DARE UN PREZZO A TUTTO
Nell’era dello strapotere economico abbiamo l’impressione di fare tutto soppesando razionalmente costi e benefici. Ma se osserviamo la nostra vita quotidiana, è poi così?
Compriamo quel vestito o quelle scarpe perché lo dice la pubblicità, ce ne innamoriamo follemente e dopo poche settimane non ci va più. Compriamo automobili al di sopra delle nostre possibilità ben sapendo che si deprezzeranno. Sperperiamo in mille oggetti inutili un fiume di denaro.
Non sappiamo valutare il prezzo degli oggetti e dei servizi. Cose che ci sembrano care sono in realtà molto sotto-costo, mentre per cose che non valgono nulla siamo disposti a fare follie. Ma allora perché mai la razionalità e il calcolo economico lo dobbiamo applicare solo alle scelte«ambientali» e non a tutto il resto? Come se l’edonismo fosse il fine, e la cura per la nostra salute, il paesaggio che vediamo, il clima, la qualità dell’aria e del cibo non valessero nulla. L’economia non può dare un prezzo a tutto. La tristezza di un profugo climatico delle isole Carteret costretto a lasciare la propria isola per l’aumento del livello del mare, quanto vale? La sofferenza degli anziani durante le ondate di calore di Parigi 2003 e di Mosca2010? La perdita dei ghiacciai delle nostre montagne?
La degradazione della nostra salute per l’esposizione a un ambiente inquinato? I comportamenti che oggi definiamo «ambientalmente virtuosi» si dovrebbero dunque seguire di sicuro perché c’è una base logica e razionale, ma poi dovrebbero anche essere interiorizzati, toccare la sfera emotiva del nostro essere affinché si diffondano coralmente.
Lo faccio perché voglio farlo, ne sono convinto, sento che è giusto, mi gratifica, dà senso alla mia vita, aumenta il benessere mio e della collettività nella quale opero, diminuisce la mia paura e la mia ansia. Purtroppo l’uomo è una specie animale complicata e spesso i suoi comportamenti seguono strade bizzarre.
Geoff Beattie della School of Psychological Sciences dell’Università di Manchester osserva che «la gente dice di essere preoccupata per il cambiamento climatico, ed è preparata a fare molte buone cose per limitarlo, ma tutte le evidenze mostrano che non lo sta affatto facendo».
Il primo problema, come mostra Charles Hall dell’Università di New York consiste nella diminuzione dell’indice EROEI o EROI (Energy Returned on Energy Invested): la giusta domanda non è quanto petrolio resti sottoterra, ma quanto di questo possa essere estratto con un significativo guadagno energetico. Se c’è una cosa sicura è che l’energia costerà sempre di più. È vero che l’energia potrà essere ricavata dal sole, dal vento e dalle biomasse, ma in quantità molto più limitata rispetto al presente.