Nel 1972, è stato pubblicato il famoso rapporto Limits toGrowth tradotto in italiano in modo impreciso con I limiti dello sviluppo. Con un modello di calcolo si simularono scenari futuri in base all’andamento della popolazione, dell’uso delle risorse minerarie, energetiche, alimentari e forestali, e all’accumulo di scorie e inquinanti.
La risposta era semplice: continuando così entro qualche decennio l’umanità si sarebbe scontrata con i limiti fisici del pianeta. Per qualche anno, complice la crisi petrolifera del 1973, le tesi dello studio vennero prese sulserio, con i primi provvedimenti per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’inquinamento, noti in Italia come«Austerità». Ma poi il petrolio riprese a scorrere a fiumi e il rapporto cadde nell’oblio.
Nell’autunno 2006 è stato pubblicato in Italia, il terzo aggiornamento: I nuovi limiti dello sviluppo, un libro fondamentale per ogni persona responsabile. Gli autori – Dennis Meadows e Jorgen Randers, due dei veterani della prima edizione (la terza era Donella Meadows, scomparsa nel 2001) – nella prefazione dichiarano: «Quando scrivemmo I limiti dello sviluppo, speravamo che tale riflessione avrebbe condotto l’umanità a fare qualcosa per rendere il collasso meno probabile […]. Nel 1992, trascorsi vent’anni, aggiornammo il nostro studio originario e ne pubblicammo una nuova edizione con il titolo di Oltre i limiti dello sviluppo […].
La nostra conclusione era che due decenni di storia confermavano essenzialmente ciò che avevamo scritto vent’anni prima, [e in più] che l’umanità si stava addentrando nel terreno dell’insostenibilità […].
Il risultato è che oggi siamo assai più pessimisti sul futuro globale di quanto non fossimo nel 1972. È amaro osservare che l’umanità ha sperperato questi ultimi trent’anni in futili dibattiti e risposte volenterose ma fiacche alla sfida ecologica globale».
Dennis Meadows, che ho incontrato a San Rossore (Pisa) nel luglio 2006, pensa che «alla fine faremo qualcosa per evitare il peggio, il collasso globale. […]
Il mondo, in definitiva, sceglierà un futuro relativamente sostenibile, ma lo farà tardivamente, costretto da profonde crisi globali. E la situazione, a causa di questo grave ritardo, sarà molto meno gradevole di quella che sarebbe stata creata da un intervento tempestivo. Strada facendo, molti dei meravigliosi tesori ecologici del pianeta andranno distrutti; molte scelte politiche ed economiche desiderabili non saranno più possibili; vi saranno disuguaglianze profonde e persistenti, una società sempre più militarizzata ed estesi conflitti. […]
La crescita sarà acclamata e celebrata, anche molto tempo dopo il suo ingresso nel territorio dell’insostenibilità. Il collasso verrà senza il minimo preavviso, cogliendo tutti di sorpresa».
Il 24 settembre 2009 apparve sul volume 461 di «Nature» un articolo di Johan Rockström dell’Università di Stoccolma e di altri ventotto colleghi tra cui il Nobel Paul Crutzen, dal titolo A Safe Operating Space for Humanity (Uno spazio di manovra sicuro per l’umanità).
Detto in breve, gli indicatori del funzionamento del sistema Terra affermano che si svuotano le miniere, si riempiono le discariche, si cambia il clima, si alterano i cicli biogeochimici.
Questi sistemi hanno delle soglie di sensibilità che, se superate, portano a cambiamenti drastici e irreversibili.
Per quantità di CO2 atmosferica, tasso di estinzione delle specie e immissione di azoto nella biosfera queste soglie sono già state oltrepassate. Sui cambiamenti climatici, soggetto vastissimo a cui dedico la mia attività di ricerca principale, ho già scritto un libro insieme ai miei colleghi, e non voglio ripetermi, quindi rimando a Che tempo che farà (Rizzoli 2009) e al sito dell’Intergovernmental Panelon Climate Change.
Invece il più completo sguardo d’insieme sullo stato dell’ecosistema e le previsioni per il suo futuro sono contenuti nel Millenium Ecosystem Assessment, voluto dalle Nazioni Unite e pubblicato nel 2005 dopo un quinquennio di lavoro da parte di 1360 ricercatori di 95 paesi nonché nell’Earth System Science Partnership, organismo di coordinamento della ricerca nato nel 2001 aseguito della dichiarazione di Amsterdam sui cambiamenti globali e nei lavori dell’Icsu (International Council for Science), che ha elaborato gli obiettivi fondamentali della scienza della sostenibilità globale: prevedere, osservare, confinare i rischi, reagire, innovare. Come vedete, ci sono migliaia di teste che stanno spremendosi per trovare soluzioni.